La visita al Chobe National Park, è stato un safari normalissimo. Chi ama l’Africa, non può certo perdersi il Delta dell’Okavango, uno dei delta interni (sì, avete capito bene, senza sbocco sul mare) più estesi del mondo. Qui è possibile assaporare la vera Africa e anche vivere esperienze decisamente estreme. Anche se non le andate a cercare!
Sto parlando del Botswana, un paese affascinante e ricchissimo di acqua pur non affacciandosi sul mare. Così ricco al punto da inserirla come simbolo nella bandiera nazionale (la striscia blu rappresenta proprio l’acqua). Le targhe automobilistiche iniziano tutte con la lettera B.
Il paesaggio, appena attraversato il confine, è pressoché identico a quello dei giorni scorsi: capanne povere, materiali di fortuna, paglia e fango per realizzarle.
La struttura portante qui è stata addirittura realizzata con le lattine vuote.
Il confine è stato attraversato arrivando dalla Namibia, dalla città di Rundu, in Botswana si attraversano le cittadine di Maun e Shakawe per raggiungere Nata. Si costeggia dall’esterno la parte ovest del Delta dell’Okavango.
Nel piccolissimo villaggio che si attraversa si trovano un “supermercato” dove vendono addirittura la pasta e uno spazio aperto utilizzato all’occorrenza come posto di polizia e tribunale.
E’ un luogo poverissimo che mette a disagio. I bambini sono sorridenti ma la loro povertà è devastante.
La vita scorre lenta. Non c’è nulla da fare qui.
La noia imperversa. La realtà è così, davanti agli occhi.
Impossibile non pensare agli iphone nelle nostre tasche. Ancora una volta l’impotenza regna sovrana davanti alla povertà del mondo.
I ragazzi giocano, saltano e ridono, come in ogni parte del mondo, ma qui lo fanno con questo piccolo pallone di nylon e materiali di recupero.
Il contrasto è forte. Loro ridono e giocano. I turisti non possono non pensare alla loro vita e alla loro realtà.
Sono tutti scalzi. L’unico che indossa un paio di scarpe, le depone con cura sotto l’albero per andare a giocare. Guai a rovinarle!
Alcuni bambini sono orgogliosi delle loro creazioni e le mostrano indicando la macchina fotografica. Le foto qui hanno un fascino particolare.
Lattine e fil di ferro bastano per creare giochi da far invidia.
Dove mancano le necessità di base la vita è dura e sono spesso le donne e le bambine a farne le spese qui.
Al centro del villaggio vi è un lusso non comune: una fontana per l’acqua dotata persino di rubinetto. La piattaforma è in cemento. La vita del villaggio si svolge qui attorno: giochi, chiacchiere, pettegolezzi,…
Vita quotidiana che noi non abbiamo mai visto dal vero in Italia… per fortuna. Questo è il Delta dell’Okavango!
Giusto nei racconti di guerra e del dopoguerra dei nostri nonni.
Al pontile in legno una lancia attende il gruppo per l’imbarco. Stiamo entrando nel Delta dell’Okavango!
Comincia un’esperienza particolare. L’addetto alla barca naviga con sicurezza, gira, svolta, procede in un labirinto nel Delta dell’Okavango in cui sembra impossibile orientarsi e dove gli europei non vedono alcun punto di riferimento che evidentemente è presente!
Un mistero qui il senso dell’orientamento.
A volte corre, forse un po’ troppo. Altre rallenta…
L’acqua è meravigliosa. Si percepisce proprio il fatto che sia vita. Pulita, trasparente e piena di animali di ogni genere che si possono vedere sopra e sotto la superficie. Uccelli, insetti, libellule, zanzare, volatili,…
Meravigliose queste ninfee rosate. La natura regna tutto intorno, perfettamente incontaminata nel Delta dell’Okavango!
Incontri particolari lungo i canali: questa è un’ambulanza. Adesso tutti sono più tranquilli! O no?
Ora si prosegue via terra. All’arrivo sono immediatamente evidenti i problemi meccanici. In questo luogo, ogni piccolo inconveniente può diventare un grosso problema!
C’è il differenziale rotto. Il meccanico arriva dopo un po’ (un po’ in senso africano) e non può far altro che decretare la rottura. Si prosegue a piedi. Qualcuno è preoccupato, qualcuno è agitato, qualcuno abituato a viaggiare, prende la cosa come viene. L’Africa è così! Benvenuti nel Delta dell’Okavango!
Lungo la strada sono meravigliose le scene di vita quotidiana, così lontana dai turisti… che ovviamente sono al centro dell’attenzione!
Il tutto in un’osservazione reciproca mista tra curiosità e perplessità.
Un mix di sguardi rubati che dicono tutto e dicono niente. Un misto tra invidia e compassione. Da entrambe le parti. E’ molto buffo!
Qualche autostop, un po’ di cammino, qualche mezzo di fortuna e dopo circa un’ora,… si arriva qui! Siamo nel Delta dell’Okavango.
Tre mokoro attendono. Una barca tipica di questo luogo, una sorta di canoa lunga e stretta che un tempo veniva scavata nel legno. Oggi sono per lo più realizzate in resina molto resistente. La forma allungata permette il passaggio nella fitta boscaglia del Delta dell’Okavango!
Si scivola così in queste acque nel silenzio più completo. Solo il rumore del mokoro in mezzo alla natura e un leggero venticello che muove foglie e rami. Un’esperienza tranquilla e rilassante, in perfetto contrasto con quel che sta per accadere, qui nel Delta dell’Okavango.
Grandi ninfee, fiori e pennacchi e insetti a pelo d’acqua che però non danno fastidio.
Il mokoro viene guidato dal retro, in piedi e con un grosso bastone. Qualsiasi tentativo di comunicazione con l’addetto cade nel vuoto. Sorride e non parla nessuna lingua ad eccezione del suo dialetto natio. Ci si gode la natura e basta!
La pace e la tranquillità, come dicevo, durano poco. Il Mokoro è molto stretto ed ogni minimo movimento, come accaduto per il Nepal con le canoe, rischia di far ribaltare il tutto. Là c’erano i coccodrilli, qui… chissà! I crampi diventano ben presto impossibili e il mal di schiena si fa sentire per tutti.
La natura qui intorno, tuttavia, non è per niente silenziosa. Forti barriti, rumori di ogni genere, seppur molto lontani, si sentono tutto intorno. D’altronde questo è uno dei luoghi più selvaggi della terra.
Ad un certo punto il rumore di ippopotami nell’acqua. Non si riesce ad identificarne la posizione, ma tutti sono certi che si tratti di ippopotami.
Il cuore di tutti comincia ad accelerare. Sono vicini. Un attimo sembrano da una parte, un attimo dall’altra. Ci si gira intorno, sempre con movimenti lentissimi e in silenzio per cercare di capire da dove provenga il rumore e quale sia la loro posizione.
Ad un certo punto appaiono. Davanti. Una fila compatta e minacciosa di animali che corrono aggressivi nell’acqua verso il mokoro.
Sono impressionanti. Impossibile da descrivere con le parole la situazione. Sono tanti, enormi e aggressivi. La paura raggiunge apici impossibili. Anche il barcaiolo ha la faccia terrorizzata e questo non fa che aumentare la paura di tutti. Fa segno immediatamente di fare silenzio e di non scattare foto, il rumore del click delle macchine fotografiche disturba tantissimo gli animali.
Il gruppo non ha bisogno di molte raccomandazioni per stare in silenzio. Lui arretra nella fitta vegetazione per cercare di mimetizzare la barca nei rami. Procede piano, fa fatica ad infilarsi e il minimo rumore può essere fatale. La paura è alle stelle. Il rumore degli ippopotami è sempre più forte, sono sempre più vicini e sempre più grandi.
L’unica via di salvezza è quella di passare inosservati e mimetizzarsi con l’ambiente. Speriamo che questi ippopotami non ci vedano bene.
Ci si rende conto in un attimo di come l’essere umano sia un intruso in questo ambiente. Di come sia piccolo e indifeso, altro che vertice della piramide alimentare!
Un consiglio utile in tutte le foreste del mondo: mai mettere abiti sgargianti, assolutamente vietato il rosso, indossare sempre colori mimetici e scuri.
Gli ippopotami avanzano ancora compatti. Il respiro è fermo il cuore quasi.
Ad un certo punto, quando ormai sono a non più di una decina di metri dal mokoro, uno degli ippopotami più grandi, evidentemente il capo branco, si arresta. Continua a fissare la vegetazione in direzione del mokoro. I secondi di vita sospesa sono infiniti.
Ad un certo punto si guarda intorno e abbandonando l’impetuosità di pochi istanti prima, si gira e se ne va verso un’altra direzione.
I cuori riprendono piano piano a battere, i muscoli a tremare. Lo spettacolo che la natura ha appena regalato è unico, anche se non si porteranno – purtroppo – a casa, né foto né filmati.
Il viaggio prosegue così in lenta navigazione. Nessuno parla. Grossi coccodrilli si scaldano sulla riva e finalmente il mokoro raggiunge un isolotto dove è già stato allestito il campo tendato.
Tutto ora è un fuori programma per via del guasto al differenziale. Intorno al campo non è stato possibile predisporre il sottile filo elettrificato per gli animali. Viene spiegato tutto ciò con molta cura.
E’ assolutamente vietato uscire di notte dalle tende per qualsiasi motivo e due di loro si daranno il cambio vicino al fuoco acceso per tenere lontani gli animali. Quando si è in ballo bisogna ballare!
E’ un campo molto… basico!
Tutto intorno grossi alberi abbattuti dagli elefanti. Si vedono chiaramente i segni delle zanne. Sono enormi e al calar della sera le paure diventano sempre più grandi.
Giunge il tramonto. Spettacolare come sempre in questo angolo sperduto di Africa impossibile da collocare sulla cartina.
La cena è frugale è veloce. Solo la stanchezza infinita permette di dormire in questa situazione. Il rumore degli enormi alberi abbattuti durante la notte, pare proprio appena fuori dalla tenda. Continuo e incessante.
Il risveglio all’alba è completamente diverso. La natura ora sembra più tranquilla, gli uccelli la fanno da padrone col loro cinguettare e tutto appare più sereno.
Uscendo dalle tende, a pochi passi dalla “cucina” un grosso escremento di elefante. Evidentemente non sembravano vicini. Erano vicinissimi!
Il campo tendato viene rimosso velocemente e la navigazione col mokoro comincia mentre il sole sta ancora nascendo. E’ tutto più rilassato. Con un itinerario diretto e rapido (sempre per le tempistiche africane) si raggiunge la Cittadina di Maun dove è possibile ammirare dall’alto, in volo, il Delta dell’Okavango.
Davvero unici i panorami che si possono ammirare da quassù, nonostante le ripetute turbolenze dell’aeromobile.
Le foto non rendono esattamente la bellezza in quanto l’acqua riflette la luce, creando bellissimi giochi per la vista, che purtroppo rovinano le foto!
Elefanti, giraffe, ippopotami e infiniti altri animali sono sparsi ovunque, del tutto indifferenti ed indisturbati dalla presenza umana.
Sono enormi gli spazi. In queste distese l’uomo non ha mai messo piede. Impressionante.
Colori unici e panorami infiniti.
Il volo finisce troppo in fretta. E’ ora di partire verso Nata. Ad un posto di controllo vengono disinfettate le scarpe per non far uscire nessun microrganismo.
Accade davvero. Non sto scherzando. Chissà con cosa vengono poi disinfettate le scarpe… Follie d’Africa!
L’ambiente cambia ora rapidamente.
A volte il deserto prende il sopravvento, altre volte struzzi e termitai ovunque.
Pochissime case e non si incontrano esseri umani. Solo questi grossi pachidermi. E’ il loro regno.
Non sembra vero di aver finalmente raggiunto la cittadina di Nata con il suo fantastico Nata Lodge. Un luogo perfetto in cui sostare anche se si arriva da esperienze più normali di quelle descritte in questo post.
Pace e relax per una sistemazione lussuosa, dotata anche di piscina. A disposizione degli ospiti sia le camere che le aree attrezzate per il picnic.
La sua posizione lo rende un luogo perfetto per esplorare il Delta dell’Okavango e godersi anche il relax.
Un tuffo in piscina e… Buon viaggio in Botswana!
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4 Comments
Wow, interesting post! I love the photos too, amazing. They definitely put mine to shame lol. The little trucks the boys were making are pretty cool. Sometimes it takes so little to make kids happy! And other times they need an Xbox and iPhone…ugh
It’s very true what you say. And we don’t appreciate enough our fortunes!
I loved the pictures. Those kids eyes are truly meaningful. See you in Cesenatico! 🙂
Thanks for your comment! I also love the pictures! I’m happy to meet you in Cesenatico!