Il nostro on the road in Nepal comincia così, un po' per caso. Un'offerta molto interessante, una destinazione a cui non avevamo mai pensato più di tanto prima, la nostra passione per la montagna...
Acquistare un biglietto aereo per Kathmandu, la capitale del Nepal, significa acquistare un biglietto per un viaggio nel tempo alla scoperta di una destinazione molto particolare e di un popolo unico.
Una scelta che a volte si fa per caso, ma che in un attimo ti pervade.
[bctt tweet="Un post sul #Nepal ricco di considerazioni. Un #ontheroad che spesso diventa un pugno nello stomaco." username="lillymonticone"]
In questo video la nostra esperienza a Jomsom nell'alto Mustang.
Appena atterrati all'aeroporto ci si imbatte immediatamente nella burocrazia: tutti i moduli online scaricati dai siti ufficiali per la richiesta del visto non servono a nulla, nuovi moduli da compilare, code chilometriche, due passaporti su cinque non vengono rilevati dal lettore ottico,... ma sempre con sorriso e cordialità.
L'uscita dall'aeroporto è subito una cacofonia di suoni e colori che avvolge in un turbinio assordante. Che il nostro on the road in Nepal abbia inizio!
[bctt tweet="Il #Nepal è subito una cacofonia assordante di suoni e colori che inebriano e stordiscono." username="lillymonticone"]
Il primo impatto "ubriaca", complice la stanchezza del viaggio, ma nei prossimi giorni questa sensazione sarà sempre più accentuata nel corso di tutto il nostro on the road in Nepal...
Mentre scegliamo un taxi a caso fra i mille intorno a noi, cominciamo a focalizzare lo sguardo qua e là su quello che ci circonda.
Tutto intorno a noi, così diverso, così colorato e così rumoroso, si sta svolgendo contemporaneamente, ed ogni scena pare ignara di quello che la circonda. I faccendieri più disparati ci offrono i loro improbabili servizi.
Abbiamo acquistato solo il volo aereo. Non abbiamo niente di prenotato e niente di definito. E' inebriante la sensazione di libertà che si prova qui e ora così.
Indescrivibile la curiosità di scrivere una per una le pagine bianche del nostro viaggio senza nulla di predefinito e senza orologi a scandire il nostro tempo.
Una sola deadline: la data del volo di rientro a cui manca più di un mese. E' questo uno degli aspetti del viaggio che più adoro.
Due passi nel centro di Kathmandu per tuffarsi nella vita, anche se scopriremo ben presto, nel corso del nostro on the road in Nepal, quanto la città sia diversa dal resto del paese.
Intorno a noi si cominciano a percepire storie, scene e situazioni. Tutte insieme, ma ognuna a sé.
Il Nepal è un paese molto povero e la povertà assale immediatamente.
Non ho mai sopportato i discorsi ed i commenti di bambini felici nella miseria e in questo momento mi assale ancora di più il vuoto e l'egoismo di queste considerazioni.
La maggior parte delle case qui non ha l'acqua potabile.
Troppi bambini sono orfani, le madri muoiono di parto per le infezioni, chi sopravvive a 40 anni ne dimostra quasi il doppio.
L'aspettativa di vita in questo paese è fra le più basse del mondo, probabilmente seconda solo all'Africa sub-sahariana.
Solo un folle - o un egoista certo che il suo mondo e quello dei suoi figli è altrove - può cogliere la felicità come aspetto primario. Nonostante questo non mancano mai il sorriso, la cordialità e la disponibilità. Ma la felicità no, quella è altra cosa!
Il popolo è splendido con i suoi ricorrenti 'Namastè' e, a differenza di quanto accade in tante altre parti del mondo, non manifesta in nessun modo astio e malfidenza verso il ricco turista che approda nel suo paese.
Sapete qual è la sensazione che tuttavia non mi ha mai abbandonato, soprattutto nelle zone più lontane e non frequentate dai turisti che abbiamo visto durante il nostro on the road in Nepal?
Il fatto che con tutti i nostri dollari, carte di credito e iphone in tasca, noi occidentali probabilmente non riusciremmo a sopravvivere una settimana nelle loro città e villaggi più remoti. Sono proprio le esigenze di base a non poter essere soddisfatte, quelle che diamo per scontate ogni giorno e quelle senza le quali non possiamo vivere. Un conto è dirlo, un conto è provarle sulla propria pelle anche solo per qualche giorno.
Ci dirigiamo verso Durbar Square, il fulcro del centro storico, anche se a dire la verità, tutta la città appare come un centro storico a cielo aperto.
Abbiamo visto il Nepal prima del devastante terremoto.
Non vi parlerò di tutti i servizi ed i commenti fuori luogo che ho sentito in quei giorni da parte di chi evidentemente il Nepal lo conosceva solo dalla cartina geografica, così come tralascio volutamente il confronto con prima e dopo.
Fiumi di parole sono già stati spesi inutilmente. Un solo consiglio: se qualcuno vuole informarvi di qualcosa, accertatevi che abbia visto il paese anche prima!
Siamo seduti su un muretto a riposarci un attimo osservando la vita che scorre intorno a noi. Un gruppetto di ragazzini esce da scuola. Non so se è peggiore lo stato della scuola o quello dei loro vestiti.
Si avvicinano. Cominciamo a chiacchierare con loro. Alcuni hanno un libro, altri un quaderno, altri niente. Andiamo nel chiosco di fronte e compriamo un po' di biro e quaderni per loro. Sono contenti come se gli avessimo regalato la luna.
Una ragazzina della stessa età di Valeria, con le scarpe troppo grosse per i suoi piedi, ci chiede di farle un regalo enorme. Titubanti prendiamo un po' le distanze... il turista è spesso visto come un pollo da spennare. La ragazzina insiste nel suo inglese articolato, superiore a quello della maggior parte delle ragazzine della sua età qui in Italia.
Il regalo che ci chiede è un dizionario nepalese-inglese. Mentre aggiungo al conto l'esorbitante cifra di 1 euro per il dizionario, cifra che la nostra guida che ci segue come bambini, preoccupata di quello che facciamo e dei posti dove andiamo, ci conferma essere molto alta per queste famiglie, penso a quanti ragazzini in Italia abbiano mai chiesto in regalo un dizionario.
E il mio senso di impotenza regna sempre sovrano mentre la ragazzina mi spiega che il suo sogno è di emigrare lontano. Pensieri e senso di impotenza accompagnano ogni istante del nostro on the road in Nepal.
In uno dei palazzi centrali di Kathmandu, di Patan, di Bhaktapur e di molte altre località, ha sede la Kumari, la dea bambina.
Valeria resta abbastanza sconvolta dall'apprenderne la storia. E' attratta e curiosa di conoscere i dettagli - e soprattutto i perché! - ed inorridita al tempo stesso. Non riesce a farsene una ragione.
[bctt tweet="La storia #kumari in #Nepal attrae ed inorridisce @valeriacagnina che vuole sapere tutto!" username="lillymonticone"]
Vuole vederla ad ogni costo. E' possibile una volta al giorno a beneficio dei turisti che non possono assolutamente fotografarla. Una bambina agghindata, vestita e truccata che appare alla finestra, spesso con fare scocciato, per alcuni brevi istanti.
Valeria si rende conto immediatamente che il fatto di vederla coi suoi occhi non ha aggiunto o tolto nulla alla sua storia. La realtà incredibile e la vita segnata in negativo di questa bambina, come spesso accade davanti a situazioni che non si possono minimamente capire, fanno solo proseguire oltre in un assordante silenzio. Anche questo è on the road in Nepal.
Alla prima connessione disponibile Valeria legge avidamente ed impara tutto sulla Kumari, ma più apprende e meno capisce. Solo gli infiniti 'perché' le rimbombano nella testa. Impossibile spiegarle che sono senza risposta e non avranno mai risposta.
Nei giorni a venire, alla visita dei templi e soprattutto alla vista dei bambini maschi di 7-8 anni, donati al tempio dalle famiglie, che studiano per diventare monaci, i suoi paragoni saranno inevitabili.
Inutile spiegarle che forse la loro vita è semplicemente migliorata, visto che qui hanno almeno la sicurezza di mangiare tre volte al giorno.
Quando l'ennesimo giovane ragazzo monaco, che ci accompagna a visitare il monastero, spiega con determinazione e quel filo di veemenza di troppo - per la quarta volta in pochi minuti! - che lui è lì per sua scelta ed è libero di andarsene quando vuole, Valeria gli chiede a bruciapelo quanti ragazzi nella sua condizione se ne siano andati dal tempio.
La serafica risposta: "Nessuno, perché qui si sta bene!", le fanno finalmente sentenziare di aver risolto il suo enigma mentale che le frulla in testa da un po' di giorni!
Per lei la Kumari sta meglio dei bambini monaci, perché almeno lei, appena le verrà il ciclo mestruale, sarà "tecnicamente" libera di fare la sua vita, mentre i monaci no.
Di fatto sarà una vita traumatizzata dalle pratiche che ha dovuto subire per essere "riconosciuta" come dea e la nomea di sfortuna la accompagnerà per sempre con la conseguenza di essere costantemente evitata da tutti.
Pare che spesso le Kumari si suicidino, ma queste sono informazioni al momento troppo grandi per lei.
A me invece non parlate per cortesia di cultura e tradizioni. Sono termini oggi troppo usurati, vanno bene per un vestito o per un cappello. Quando si viola la libertà altrui rovinando la vita di un altro, parlare di cultura è assolutamente fuori luogo.
Sapevate che in Nepal, alla morte del marito, la vedova, in una sorta di 'suicidio', si faceva cremare viva sulla pira funebre del marito morto, in segno di devozione? Pare che la legge che vieta questa pratica risalga al 1846. Sì, avete capito bene, solo poco più di 150 anni fa.
Oggi è possibile visitare il tempio in cui avvengono le cremazioni, altra esperienza molto forte in Nepal.
Uscire da Kathmandu per esplorare la sua valle è un salto nel tempo dove si possono osservare mestieri che da noi non ci sono più neppure nelle rievocazioni storiche. Il nostro on the road in Nepal diventa un tuffo nella storia.
E' tutto molto colorato, tipico, affascinante, bello da fotografare... se ovviamente pensiamo che noi un biglietto in tasca per il ritorno a casa lo abbiamo. Pensare invece che oggi ci sia gente che vive ancora così, ignara di quel che accade fuori per via della situazione politica che ha tenuto il paese isolato dal resto del mondo, è devastante.
La situazione politica... mentre eravamo là si sono svolte le elezioni, fissate da mesi e mesi e rimandate parecchie volte. Le abbiamo vissute da vicino. Nei giorni precedenti cortei di scioperi e proteste ovunque da cui noi turisti veniamo tenuti lontano.
Negli alberghi i giornali della propaganda con migliaia e migliaia di nomi, partiti, candidati,... - un giornale inglese parla di oltre 17mila! - tutti con il simbolo della falce e del martello.
Arrivano i giorni di voto. Il Nepal si ferma completamente. Sono vietati tutti i mezzi a motore. Ci troviamo a Pokhara, la città da cui partono i trekking per l'Annapurna.
I noleggi di biciclette vengono presi d'assalto dai turisti. Ne approfittiamo per scoprire la città con una calma surreale, senza moto e motorini ovunque, senza il loro frastuono e le loro corse.
Il pericolo sono gli attentati, pare che vengano utilizzate le moto per lanciare bombe a mano. Sui giornali leggiamo di disordini, arresti, ordigni,... in giro per il paese.
Andiamo alla scoperta dello stupa della pace, lassù in alto che domina la città. Un sentiero in salita per raggiungerlo ed una sensazione di pace tra i prati ed i fiori. Per raggiungere il sentiero si attraversa il lago. Una serie di piccole barche colorate attende i turisti.
Ne prendiamo una. Siamo in mezzo al lago in balia di un bimbo che dichiarava 16 anni e a malapena può averne i 12 di mia figlia. Un remo e tanta fatica per portarci dalla parte opposta, almeno un'ora.
La scuola non sa neppure cosa sia e in un inglese stentato mi racconta che lui è fortunato perché lavora, che a scuola è andato (!) e che per portare la barca non serve studiare.
Su questo può anche avere tecnicamente ragione! Tante volte penso che forse anche da noi studiare non serva poi così tanto! :)
A tratti abbandona la sua 'professionalità' e gioca col remo schizzandoci l'acqua.
Io guardo lui e mia figlia accanto e, proprio mentre ci racconta di essere felice e soddisfatto di quello che fa, una tristezza amara mi assale! Spesso il nostro on the road in Nepal diventa un pugno nello stomaco.
Noi turisti non possiamo avvicinarci troppo ai luoghi del voto, anche se la curiosità è tanta. Prati verdi all'aperto dove file ordinate di cittadini aspettano il loro turno. Il loro tesserino per votare? Il pollice che verrà intriso nell'inchiostro. La loro scheda elettorale?
Un enorme "lenzuolo" pieno di nomi e simboli su cui apporrano le loro croci, più o meno davanti ad una serie di militari armati schierati. Nessuna cabina elettorale. Tutto alla luce del sole, lì, davanti a tutti.
Terminate le elezioni possiamo ripartire. Il nostro trekking sull'Annapurna lo faremo in jeep. Siamo troppo comodi, è vero, lo so!
[bctt tweet="Il nostro #trekking in #Nepal sull'Annapurna? In jeep naturalmente!" username="lillymonticone"]
La nostra meta è Jomsom, non sappiamo ancora quello che ci aspetta. Ho trovato questo video su Youtube, non l'ho girato io, ma è così che abbiamo trascorso i giorni successivi. Solo che noi non avevamo tutto il suo coraggio per ridere.
Nei villaggi più sperduti sulle montagne, come in città, fa molto molto freddo, soprattutto al mattino. I bambini raccolgono la plastica lasciata dai turisti e accendono fuochi per scaldarsi. L'odore è pungente, il mal di gola per noi è costante.
Respirare l'aria pura di montagna, quella a cui pensiamo immediatamente alla vista di una foto della catena dell'Himalaya, appare quasi impossibile per tutto il mese di permanenza in Nepal... forse l'abbiamo respirata giusto durante il nostro volo panoramico sull'Himalaya! D'altronde che i sentieri di alta montagna percorsi dai turisti nei loro trekking siano pieni di rifiuti abbandonati è ormai cosa risaputa.
Ci affidiamo ad una piccola agenzia locale perché ci fornisca una jeep e l'autista.
Fissiamo un punto sulla cartina dove abbiamo intenzione di proseguire il nostro on the road in Nepal e gli indichiamo il giro che intendiamo fare per raggiungere il più lontano parco naturale Bardia dove riusciremo persino ad assistere alla finale mondiale del torneo di polo con gli elefanti!
Raggiungiamo un tempio. Si sale in cable car con vista mozzafiato... anche se il cavo di sicurezza non è contemplato e salgono sulle 'gondole' (così le chiamano loro), il doppio delle persone consentite! La maggior parte delle persone è terrorizzata all'idea di salire in funivia. Gli animali hanno il biglietto di sola andata.
[bctt tweet="#Nepal, tempio dei sacrifici animali. Le capre fanno il biglietto di sola andata." username="lillymonticone"]
Qui si fanno ancora sacrifici animali: polli, galli, galline, capre, pecore,... Siamo gli unici turisti presenti. Un'infinità di persone in un caos indescrivibile in cui, tra umani e animali, si vede di tutto.
Non sono facilmente impressionabile e avendo sempre vissuto in campagna, ho visto fin da piccola uccidere gli animali per mangiarli, ma quello che si vede qui è davvero un qualcosa che gira lo stomaco e, nonostante la fame di questi ultimi giorni... posso solo definirlo utile alla dieta.
È l'unico commento che riesco a fare mentre i nepalesi fanno a gara per una foto con noi e noi facciamo più o meno altrettanto con loro.
Attraversiamo l'ennesima città e ci fermiamo alla ricerca di qualcosa di mangiabile per noi. E' una grossa città di passaggio.
Non siamo schizzinosi, ma siamo in una zona terribilmente povera e senza nessun tipo di servizio per noi turisti. Un vero on the road in Nepal, anche se forse non eravamo proprio preparati a ciò che ci aspettava.
Questi sono i ristoranti disponibili. E' una sorta di sosta forzata: quando arriva il buio, qui sono tutte soste forzate per un livello minimo di incolumità, nostra e degli altri.
Le strade non illuminate sono aree popolate da ogni sorta di mezzo e animale, da gente a piedi e da bambini ovunque, anche molto piccoli, che giocano indisturbati.
L'idea di rischiare di mandare all'ospedale - o peggio! - qualche bambino che dall'alto della nostra jeep è impossibile vedere ed evitare, è insostenibile.
Cerchiamo l'hotel più bello della città. Entrando nella nostra topaia...ehmmm... nella nostra camera d'albergo, Valeria esclama convinta: 'Bè! Non è neppure così terribile!'. Evidentemente ormai le sue aspettative, giorno dopo giorno, nel corso dell'on the road in Nepal, ormai si sono ridotte all'osso!
La cosa più bella è il check-out la mattina successiva. Mentre pago i 3 dollari a testa che ci è costata la stanza, un topo enorme attraversa il bancone accanto alle mie mani. Io faccio un salto indietro gridando per lo spavento.
Il ragazzo dell'hotel mi guarda sorridendo e mi spiega che è il suo amico e che ce ne sono tanti altri. Mi invita a passare dietro il bancone e mi fa vedere la scatola in cui gli prepara il cibo. Ci sono almeno una decina di grossi topi che stanno mangiando. Che peccato averlo saputo solo stamattina!
Non ho foto. Ero talmente sconvolta che mi sono dimenticata di scattare!!! Il nostro on the road in Nepal continua!
Il giorno in cui abbiamo superato noi stessi, ci siamo imbucati ad un matrimonio. Anche questo è on the road in Nepal. Lo incontriamo per strada, ci fermiamo a fotografare e subito si dimostrano tutti splendidi nei nostri confronti e di una gentilezza disarmante.
Ci offrono da mangiare, ci invitano al tempio e ci fanno persino ballare con loro (non pubblicherò le foto neppure sotto tortura!). A parte l'imbarazzo assurdo è stato fantastico vivere con loro, per qualche ora, questo spaccato di vita.
[bctt tweet="#ontheroad in #Nepal, di quella volta che ci siamo persino imbucati ad un #matrimonio!" username="lillymonticone"]
Stasera in hotel c'è un intrattenimento nella sala principale. Il filmato del Great Himalaya Trail. Un on the road in Nepal molto particolare. Lasciando stare le motivazioni e i finanziatori, così come i destinatari degli introiti del libro (che poi mi viene il nervoso), questa tipa tedesca che sta presentando si è fatta 123 giorni di cammino sul'Himalaya partendo dall'estremo confine orientale del Nepal per raggiungere l'estremo confine occidentale.
Le foto e i filmati sono veramente da urlo e indescrivibili nella loro bellezza ma, tanto per cambiare, non riesco a staccare il cervello e a godermeli.
Non per falso moralismo e capisco benissimo le passioni e gli scenari indescrivibili che ha visto, come capisco il senso della sfida e l'andare oltre (magari capisco un po' meno chi paga tutto ciò).
Ma davanti a scene e racconti come quello di un ragazzo sherpa al seguito che diventa cieco per il mal di montagna in un punto irraggiungibile e deve affrontare una cascata ghiacciata in discesa senza vista, io mi chiedo quale sia il limite.
Il Nepal è pieno di associazioni di volontariato. Se ne incontrano a decine ogni giorno durante l'on the road in Nepal. Si riconoscono subito. Hanno fotografi al seguito con attrezzature da migliaia e migliaia e di euro, dormono negli alberghi più belli, i referenti locali vestono abiti curati e costosi, hanno jeep molto più belle di quelle dei turisti.
Alcuni si occupano dei bambini, altri di ospedali, altri di donne maltrattate, altri ancora di mantenere e sviluppare la cultura buddista.
Abbiamo incontrato persino un gruppo che si occupa di catalogare i semi di una particolare area del paese. Sono 'al lavoro' per realizzare un progetto partito diversi anni fa.
Tutti gli anni tornano in Nepal. Sono italiani. Io mi sono vergognata.
Un'altra sera, sera, rientrando in albergo, due jeep enormi e splendenti, attrezzate con qualsiasi aggeggio vi venga in mente, comprese antenne satellitari da paura e mille ammennicoli di cui non conosco l'esistenza, sono parcheggiate all'interno dell'hotel e controllate a vista dalla security (non dai 'volontari', loro sono nelle loro camere in albergo). Sul fianco campeggia la solita scritta dell'associazione di riferimento.
La vergogna lascia spazio al nervoso più sfrenato, qui in un paese dove lo stipendio di un autista (quindi tra i più ricchi e fortunati, perché a contatto coi turisti e con le loro mance), non arriva a 100 euro al mese. La gente 'normale' non arriva a 20 euro. La metà della popolazione non sa leggere.
Vado a dormire pensando al preside incontrato oggi che fa il possibile per garantire un minimo di istruzione in questa povera scuola sperduta. Poi penso al dizionario nepalese-inglese da 1 euro. Cerco di pensare alle associazioni che non ho incontrato e che lavorano nel silenzio e nell'ombra, anziché lucrare e sfoggiare soldoni... ma è inutile, ancora oggi quando ci ripenso, il nervoso non mi è comunque passato!
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